Feudo di San Maurizio Valle d’aosta


La cave la cantina

La cave la cantina

La vigna del “Re cacciatore”

La neve sui filari. “Che sia maturo, invecchiato”, disse il re. In quell’autunno del 1871 a Vittorio Emanuele II fu servito un bicchiere di vino rosso aranciato.

Era appena arrivato al castello di Sarre e la lieve nevicata imbiancava le viti ai piedi del maniero acquistato due anni prima. Fra le leggende (come se non bastasse la certo non banale vita del re) c’è l’equivoco geografico che fece il Savoia padrone del castello di Sarre. Il re, da anni assiduo frequentatore delle valli del Gran Paradiso, ordinò al suo attendente di comperare il castello sulla destra orografica della Dora Baltea, cioè quello di Aymavilles con quattro torri, ma l’attendente comperò quello alla sua destra, sul versante opposto, dove su una collina sorgeva il più modesto e malandato forte di Sarre. Collina che da un lato aveva una strada costeggiata da un’ordinata fila di gelsi e dall’altro una vigna. E fu con il vino di quelle viti che il “re cacciatore” si dissetò in quel 1871, prima di salire verso la Valsavarenche per giorni dedicati a cacciare stambecchi. Inseguito dai problemi dell’Italia unita e dalla scomunica di Papa Pio IX il giorno dopo avrebbe raggiunto Orvieille, a 2.165 metri, nel casotto servito da telegrafo che sperava restasse muto. L’antica vigna di Sarre è stata ripiantata nel 2014 e fa parte di quelle coltivate dal Feudo di San Maurizio. Quel bicchiere del re per Michel Vallet era colmo di Nebbiolo, “l’unico che poteva reggere all’invecchiamento e al palato di un re”. In quei filari oggi ci sono viti di due Nebbiolo: il Picotendro di Donnas e il Chiavennasca della Valtellina. In ricordo di quel bicchiere e dell’antica vigna che diventò reale.

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